Non chiamiamole Baby Gang (se non lo sono)

Baby Gang, un fenomeno sociale che va monitorato.

I media questa cosa non la stanno prendendo sotto gamba, anzi. Idem amministrazioni, Istituzioni e forze dell’ordine.

Tutta questa attenzione è assolutamente necessaria, ma forse c’è anche una certa tendenza nei media e nell’opinione pubblica nel catalogare come Baby Gang anche fatti che non appartengono a questo ambito, con la conseguenza di generare ulteriori risvolti negativi.

Sappiamo che nel proprio percorso identitario i giovani ambiscono ad avere un ruolo a tutti i costi.

I social sono lo specchio di quanto siamo disposti a essere idioti pur di non rimanere ignoti.

Ed è facile cogliere l’assurdità di come spesso sia addirittura un ruolo nella malavita a dare un senso all’esistenza di molte persone, soprattutto giovani.

Il libro “Zero, zero, zero” di Roberto Saviano, uscito anni fa, ha puntato l’attenzione al tema dell’epica nella malavita, raccontandoci di come le gang sudamericane legate al narcotraffico (soprattutto messicane) abbiamo saputo costruirsi una narrazione epica di forte consenso popolare, creando un fortissimo senso di orgoglio interno.

Quindi: codici di onore, linguaggi dei gesti, tatuaggi, segni di lotta, ovvero riti e segni che poggiano su valori di ben poco spessore, nonché di pessimo credo, tuttavia elementi utili al fine di produrre un racconto eroico e mitico della proprio esistenza.

Da qui mi collego all’appello di fare attenzione a definire Baby Gang ogni azione delinquenziale giovanile: si rischia di dare un ruolo, un senso di appartenenza a chi è semplicemente uno “scappato di casa”.

È noto: l’estetica delinquenziale “paga”.

Lo vediamo nella musica, nella comunicazione di un certo abbigliamento “urban”, negli eroi e anti eroi della strada che il cinema esalta.

Non ricordo dove l’ho letto, ma oggi, nella narrazione, la lotta non è più tra buoni e cattivi, ma solo tra cattivi… oppure tra i tanto cattivi e i meno cattivi: ossia il male contro il peggio.

Il mito delle Baby Gang di Città del Messico, Buenos Aires, Guatemala City, nonché Detroit, le banlieu parigine, i quartieri di Napoli, etc sono riferimenti estetici sempre più saccheggiati.

Criminalità e microcriminalità organizzata giovanile esistono eccome… ma se a tutti i giovani che delinquono diamo a prescindere la patente di appartenere a una Baby Gang, o addirittura di esserne un leader o una leader, rischiamo di generare un disperato orgoglio, figlio del disagio e della nostra maledetta disattenzione.

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2 commenti

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2 risposte a Non chiamiamole Baby Gang (se non lo sono)

  1. Susanna Argenterio Savelli

    “I social sono lo specchio di quanto siamo disposti a essere idioti pur di non rimanere ignoti.”caro Pier tutte Riflessioni che condivido in toto. Ma la soluzione! Aspettare che le mode cambino? e che i messaggi sociali si trasformino e che il livello di coscienza si manifesti in tutta la sua bellezza salvifica?

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