Briatorizzazione

È un processo inarrestabile.
E l’abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni, ormai da diversi anni.
È la Briatorizzazione.

Il processo di briatorizzazione dell’informazione sta caratterizzando la nostra esistenza.
Non è una malattia o una pestilenza: è semplicemente una contro-indicazione del nostro sistema di vivere.

Quello che sta succedendo – come i più avranno notato – è molto semplice: gli organi di informazione stanno ufficializzando da anni che è il Vip che fa la notizia.
Conseguenza di ciò è la convinzione comune – non solo tra giornalisti, ma soprattutto tra addetti alle pubbliche relazioni e responsabili della comunicazione – che ogni informazione deve avere un VIP che la certifichi.

Da anni stiamo notando il fenomeno per cui Calciatori, Veline, Letterine, Aristocratici, Attori, etc sono sempre più presenti su giornali e tv, anche quando non fanno assolutamente nulla di strano o straordinario: a parte l’essere presenti.
Azzarderei a dire che sono presenti al fine di dare certezze.

Ma fin qui, non c’è nulla che possa farci pensare che non sia sempre stato così.
Quello che mi incuriosisce – anche se preferirei dire che mi preoccupa – sono le conseguenze che questo processo crea sulla necessità di visibilità sui media da parte di tanti personaggi pubblici, che siano politici, industriali o manager.
Una volta, per essere un VIP, bastava esserlo.
Nel senso che bastava essere una persona Very Important.
Oggi è diverso: per essere un VIP “visibile” occorre adottare quegli atteggiamenti e quei comportamenti che la televisione sta imponendo secondo le sue necessità.
Ecco perché ci troviamo sempre più politici, industriali e manager che fanno il verso a Veline, Letterine e Calciatori.
Il modello di riferimento sembra essere solo quello.
La mondanità ora bisogna costruirsela a dimensione dei media, mentre prima, certa gente rappresentava la mondanità.
Per dirla ancora meglio, una volta i media inseguivano la mondanità, oggi la mondanità la fanno i media.
Emerge quindi il segnale che la televisione non mostra la mondanità, ma vuole produrla direttamente.
Qualcuno potrebbe dire che è sempre stato così…
Ma io non me ne ero accorto.

Il marketing politico stesso fa i conti con questo scenario: probabilmente si acquistano più voti cantando il karaoke al Bilionaire, piuttosto che farsi un mazzo-tanto nei corridoi del Parlamento.

Ma anche a livello di strategie di marketing turistico, la briatorizzazione non va presa sotto gamba, anzi: c’è chi l’ha presa in considerazione ed ha agito di conseguenza.
La visibilità sui mezzi di informazione di una località turistica – o di una villaggio, o una spiaggia – spesso dipende da una “sana” gestione di presenze VIP.
Con relativamente poco investimento, ci sono fior fiore di personaggi televisivi che interpretano il ruolo di felicissimi e credibili turisti.
La presenza di questi VIP diventa conseguentemente contenuto per i media, con risultati di visibilità gratuita e spesso in target per il territorio.

Riccione –giusto per fare un esempio a me vicino – sta pagando lo scotto del processo di briatorizzazione.
Per i vari reporter e fotoreporter, infatti, sono molto più proficui 3 giorni in Sardegna – dove l’attività di briatorizzazione è particolarmente intensa – piuttosto che un mese intero nella Riviera Romagnola: il materiale che si può raccogliere in Costa Smeralda è assolutamente più appetibile, sia per quantità che per utilità.

Resta da capire se il contenuto VIP crei una visibilità efficace per il territorio, o semplicemente … una visibilità per il VIP.
Leggendo qua e là, noto che c’è chi ritiene che sia più produttivo – in termini di risultati concreti e non solo per quelli “banalmente” etici – riuscire a scovare contenuti più accattivanti.
E c’è chi ritiene che – per come sono strutturati oggi i TG e le varie trasmissioni di costume in Italia – investire in visibilità serva veramente a poco.
E c’è anche chi è addirittura convintissimo che ormai le televisioni non siano più commerciali: a parte pochissimi programmi, la tv è subita da un pubblico con bassissima propensione al consumo.

Se quest’ultima considerazione fosse anche solo in parte condivisa dagli operatori, vi immaginate che salto di qualità?
Proviamo ad immaginare politiche e strategie turistiche ragionate meno sulla visibilità e più sul prodotto da piazzare al turista: finalmente riusciremo a comprendere che per fare turismo bisogna accettare che – come dice il mio amico Giancarlo Dall’Ara – i turisti non esistono più.

Rimini, 10 ottobre 2003

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