Pubblicità senza bambini

Come alcuni sapranno, lo scorso primo Ottobre alla Camera è stato approvato un emendamento all’art. 10 del Ddl Gasparri, in merito ai bambini nella pubblicità.
L’iniziativa di Rifondazione ha trovato alleati in tutta l’opposizione di Governo e in ben 35 franchi tiratori.
Se a metà Novembre il testo verrà approvato al Senato (ma lo dubito fortemente), in Italia la pubblicità televisiva vieterà l’impiego di minori under 14.

Su questo argomento ha fatto un’interessante riflessione Andrea Pezzi (personaggio televisivo e radiofonico, ultimamente conduttore di Internet Cafè), pubblicata lunedì 20 ottobre sul quotidiano Il Sole 24 Ore.
“Giusto o sbagliato che sia, i pubblicitari non potranno più avvalersi della forza di impatto che è incarnata dai bambini.
Sarà necessario rifare i conti, dal punto di vista creativo, con una realtà che non potrà più proporre tra i sogni il faccino di un bambino o la tenerezza che ispira la bambina con una farfalla di pasta nella tasca.
Oggi la pubblicità – a volte il programma più bello della televisione – viene messa in discussione nel suo elemento fondante: la capacità di vendere sogni”.

Se la politica è il gioco del consenso, chi ha proposto ed appoggiato l’emendamento crede che anche per noi, beota pubblico televisivo, esistano nuove necessità dalla pubblicità tv.

Ma quali sono queste nuove necessità?
L’articolo di Pezzi cita a fagiolo una recente ricerca del Censis, per cui il 50,2% dei consumatori in Italia premiano o penalizzano il comportamento delle aziende e che il 71,2% (!!!) è disposto ad acquistare prodotti più cari se soddisfano caratteristiche di sostenibilità socio ambientali.

Quindi per dirla in soldoni – e i dati qui parlano chiaro – al posto dei sogni, il consumatore apprezzerebbe dalla pubblicità più realtà e maggior sincerità verso i prodotti.
Chissà…

In tutto questo comunque ricordiamoci che è vero che la pubblicità – e soprattutto quella che genera sogni – produce visibilità ed appeal verso il prodotto…
Ma è anche vero che a volte produce appeal e visibilità… semplicemente alla televisione.
Troppo spesso – per la disperazione delle aziende – il prodotto non emerge.
E questo è un bel problema anche per i mezzi di comunicazione.

All’interno de “Il piccolo libro delle Leggi di Murphy” (Arthur Bloch, Mondadori) ho trovato quella che si chiama Legge di Hall, che testualmente cita: “i mezzi giustificano i mezzi”.
Ogni volta che la leggo, rido come un matto.
Speriamo sia solo una barzelletta.

Rimini, 27 ottobre 2003

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