Semplicità

Mi sento una persona poco adatta a parlare di semplicità.
Ma visto che sono un casinaro, è un po’ un mio standard entrare in ambiti non opportuni.

Come si può ben notare, l’essere umano post-moderno ha piacere, ma soprattutto avverte la necessità, di plasmare la realtà: quando è complessa ha bisogno di semplificarla, mentre quando è armoniosa cerca in tutti i modi di incasinarla.
Mi piace sempre sottolineare la nostra tendenza nel surfare nei nostri modi di vivere: in questo caso facciamo surf tra lo star bene e il complicarci la vita, tra lo star male e rendere le cose più semplici…

Banalizzando – come amo fare – potrei portare qualche esempio…

Nei campi di cotone del Sud, la vita era veramente dura… così nacque il Blues, un suono molto semplice.
Appena i neri migliorarono la loro condizione di vita, cominciarono a suonare il Jazz, e il suono cominciò ad essere assai più complesso.
Quando le metropoli hanno poi cominciato a mostrare tutta le loro difficoltà, prende vita l’Hip-Hop:semplice da capire, facile da comporre.

Un altro banale esempio…. Una volta risolto il problema della fame, abbiamo inventato la Nouvelle Cousine… per poi tornare ad apprezzare nei ristoranti alla moda la polenta e i fagioli bolliti.

Mantenersi in forma correndo non dovrebbe presentare derive di complessità: i miei amici della Nike mi hanno parlato dellojogging semantico

La situazione attuale ci vede insicuri, timorosi delle insidie, poco coraggiosi nel rischiare, poco lucidi per capire cosa fare: tutti sintomi di una situazione complessa.

Bernard Cova, nel suo libro Il marketing Tribale, cita la teoria del camion impazzito, per cui la società sarebbe un enorme camion lanciato a grande velocità, con il conducente sbalzato fuori.
Il conducente rappresenterebbe il Senso (nel senso più Cristiano del termine) che non avvertiamo più nel progresso, che comunque va avanti con le sue scoperte scomode (il nucleare, la biogenetica, etc).
Secondo Cova, il progresso sta correndo in avanti come per inerzia… e ognuno di noi avverte il bisogno di salvare il mondo.

Anthony Giddens, il filosofo musa ispiratrice di Tony Blair, ha elaborato la teoria del Secondo Moderno, per cui il concetto di progresso è mutato e non è più legato all’avanzamento delle tecnologie: diventa addirittura moderno l’atteggiamento di stoppare il cammino.

Per capire meglio il concetto, mi è servito l’esempio che ho letto sull’ex proprietario dell’Esprit che ha acquistato nella Terra del Fuoco in Cile, un territorio vasto come il Lussemburgo, pieno di larici millenari a rischio disboscamento.
Una volta acquistate quelle terre, con il diritto della proprietà privata (da sempre giudicata anti-moderna) si è avvalso della facoltà di fermare ogni azione dell’uomo: un atteggiamento da Ancient-Regime che però appare immediatamente un grande segno di progresso.

Questa è la riprova che c’è e ci dev’essere un nuovo modo con cui deve essere inteso il progresso dell’Umanità.

In questa situazione stiamo cercando di salvarci la vita costruendo tentativi di ri-radicamento, ad esempio rappresentati dallo Slow Food, dalle ideologie ecologiste e no-global.

Per convincerci di questo, possiamo notare notare alcuni evidenti “passaggi“: dalla libertà individuale alle community(pensiamo a Internet, il regno delle tribù), dalla libertà al legame, dall’universalità alla vicinanza (dal global al local), dall’innovazione all’autenticità (oggi ha più peso un telefonino innovativo o un formaggio artigianale?).

Tra i tanti paradossi che viviamo, ce n’è uno che mi ha sempre “affascinato”: ci crediamo liberi perché possiamo consumare un prodotto unico a nostra misura, eppure abbiamo bisogno della sicurezza di consumare tutti la stessa cosa.

Siamo arrivati a questo non certo per sbaglio…

Sempre citando Bernard Cova, probabilmente dopo che abbiamo raggiunto l’obiettivo di creare una società libera – dove davvero siamo in grado di realizzare e vivere la condizione di uomini liberi – ci siamo accorti che la situazione non è poi così entusiasmante.

E quindi abbiamo bisogno di correre ai ripari (riparo = protezione).

Sicuramente, in questa condizione, abbiamo più che mai bisogno di dare un po’ di ordine alle idee, cominciando a mettere ordine alle cose (come mi dice sempre un amico di Marrakesh).

Ed ecco come si arriva al bisogno di semplicità.

Una curiosità…
Ho fatto una ricerca su Google digitando la parola “semplice”, ed è venuto fuori un elenco di circa 41 milioni e 700 mila voci, con ai primi 3 posti:
semplice.it (viaggi last minute)
futurosemplice.it (onlus che si occupa di persone con problemi mentali)
ubuntusemplice.org (Ubuntu è un sistema operativo libero e gratuito).

A lato, dove Google vende pubblicità, non c’è nessuna inserzione: nessuno investe sulla semplicità perché nessuno la va a cercare?

Pier
1 Novembre 2007

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